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Economia circolare, così l’Italia mantiene la leadership europea


Cosa emerge dal “Rapporto 2025 sull’economia circolare” del Circular Economy Network, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e realizzato in collaborazione con Enea. Il Rapporto evidenzia la necessità di accelerare la circolarità attraverso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e un incremento dell’uso di materie prime seconde per migliorare la competitività delle imprese

 

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16/05/2025

“L’Europa deve adeguarsi all’Italia. È questa la tesi che ho sempre sostenuto in Europa”. Così il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha aperto ieri mattina, a Roma, la Conferenza sull’economia circolare. “Siamo tra i Paesi più avanzati sull’economia circolare perché, essendo poveri di materie prime, dobbiamo cercare di fare materia prima quella che è materia seconda. Ed in questo momento l’economia circolare è praticamente un settore produttivo, come il manifatturiero. Il sistema dei consorzi ha messo in piedi un riciclo che permette di utilizzare la materia prima seconda anziché la materia prima, con importanti benefici ambientali ed economici”.

L’Italia, infatti, mantiene il suo primato in Europa per livelli di circolarità nei confronti delle altre principali economie europee (Germania, Francia e Spagna) e in seconda posizione dopo i Paesi Bassi tra i 27 Paesi Ue. Allo stesso tempo, però, rimane elevata la dipendenza dalle importazioni di materiali: nel 2023 è stata del 48% del fabbisogno complessivo, nettamente superiore alla media europea del 22%; il costo delle nostre importazioni è salito da 424 miliardi di euro nel 2019 a ben oltre 568 miliardi nel 2024, con un aumento del 34%. Ma non bisogna abbassare la guardia. Quindi, maggiore produttività dei materiali e dell’energia per ridurre il gap dall’estero; aumento del riciclo e del riutilizzo; riduzione degli scarti e valorizzazione delle materie prime seconde: questi i pilastri su cui costruire un modello industriale sostenibile e competitivo, facendo della circolarità un punto di forza del made in Italy.

È quanto emerge dal “Rapporto 2025 sull’economia circolare” del Circular Economy Network, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e realizzato in collaborazione con Enea. Il Rapporto evidenzia la necessità di accelerare la circolarità attraverso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e un incremento dell’uso di materie prime seconde per migliorare la competitività delle imprese. Infatti, secondo una stima della Cassa Depositi e Prestiti l’adozione di pratiche circolari ha generato, nel 2024, un risparmio di quasi 16 miliardi e mezzo di euro per le aziende manufatturiere. E la Commissione europea ricorda che il risparmio annuo dei costi energetici, per i 27 Paesi membri, ammonta a 45 miliardi di euro adottando modelli di maggiore circolarità. Benefici che si riflettono anche sull’ambiente, contribuendo al percorso della decarbonizzazione e al contrasto alla crisi climatica.

A proposito di decarbonizzazione, l’ultimo rapporto Ispra sulle emissioni di gas serra certifica un “calo significativo” di queste emissioni nel 2024: -3% rispetto all’anno precedente, “principalmente per effetto del comparto che produce energia elettrica”, che incide, mediamente, per un quarto delle emissioni nazionali e che, negli anni, ha dimostrato di essere tra i più efficienti nella riduzione dei gas climalteranti, diminuiti del 64% dal 1990 ad oggi. Rimane problematico il settore dei trasporti le cui emissioni continuano a crescere e rappresentano il 28% di quelle nazionali.

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“Bene ma non benissimo”, esordisce nel suo intervento Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presentando il rapporto ed esponendo i principali indicatori che fotografano l’impegno dell’Italia nell’economia circolare. “In un contesto economico e politico incerto, con l’aggravarsi di conflitti internazionali, in cui anche le materie prime giocano un ruolo fondamentale, ha spiegato Ronchi, l’Italia deve decidere se rafforzare la sua leadership nella circolarità o perdere questo vantaggio. Per far decollare davvero l’economia circolare occorre cambiare prospettiva. Oggi si punta troppo sulla gestione dei rifiuti e troppo poco su azioni a monte, come progettare prodotti che durano di più, si riparano facilmente e si possono riutilizzare. Il mercato delle materie prime seconde è ancora debole. Bisogna rendere più convenienti per tutti, per chi produce e per chi consuma, le scelte sostenibili; usare la leva fiscale e introdurre criteri circolari negli acquisti pubblici”. “L’economia circolare, ha concluso Ronchi, non è solo una buona idea per l’ambiente, ma è un’occasione concreta di innovazione e sviluppo”.

Utilizzando il sistema europeo di indicatori di circolarità, l’Italia ha raggiunto una produttività delle risorse di 4,3 euro di Pil per ogni Kg di risorse consumate: un dato nettamente superiore alla media europea (2,7 euro/kg) e anche a quella di Paesi come Spagna (4,1 euro/kg), Francia (3,5 euro/kg) e Germania (3,4 euro/kg). Ha confermato, inoltre, nel 2023, gli ottimi livelli di tasso di utilizzo circolare di materia con un 20,8%, a fronte di una media europea dell’11,8% e una performance migliore tra i principali Paesi europei, seguita dalla Francia (17,6%) e dalla Germania (13,9%). Ottima anche la gestione dei rifiuti. Il tasso di riciclo dei rifiuti urbani, nel 2023, ha quasi raggiunto il 51%, con una crescita di oltre tre punti percentuali rispetto al 2019. Fa meglio solo la Germania con un notevole 68,2%; mentre rimangono staccate Francia (42,2%) e Spagna (41,4%).

Segnali contrastanti si registrano sul fronte degli investimenti e dell’occupazione. Nel 2023, gli investimenti nelle attività dell’economia circolare (come riciclo, riparazione, riutilizzo), nell’Europa dei 27 sono stati pari a 130,6 miliardi di euro, lo 0,8 del Pil. L’Italia, con 10,2 miliardi (0,5% del Pil), si colloca al terzo posto dopo Germania e Francia, ma registra un calo significativo rispetto al 2019: meno 22% in valore assoluto: Anche nell’occupazione il nostro Paese perde terreno in valore assoluto: 508 mila occupati, con un calo del 7% rispetto al 2019: Anche se, in rapporto al totale degli occupati, si allinea alla media Ue del 2%, superando Francia e Germania.

“Risulta urgente -, ha sottolineato Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento Sostenibilità dell’Enea – l’implementazione di un sistema economico basato su un approccio circolare a partire dall’eco-design e dall’innovazione di prodotto, che garantisca un approvvigionamento sostenibile e sicuro delle materie prime, con particolare riguardo a quelle critiche e strategiche. Una grande opportunità di innovazione e competitività è legata al settore delle biotecnologie circolari, con applicazioni nel settore industriale e agrozootecnico”.

Tra i risultati di eccellenza emergono i numeri del riciclo degli imballaggi che, con oltre il 75% hanno già superato i target che l’Europa ha previsto per il 2030. Come ha ricordato Simona Fontana, direttore generale del Conai, “negli ultimi anni il sistema produttivo italiano ha dimostrato una crescente capacità di coniugare sostenibilità ambientale e competitività economica. In questo contesto l’attività di Conai rappresenta un esempio concreto di come la corretta gestione dei materiali possa generare valore tangibile per l’intera economia. Perché la sostenibilità, oggi, è un valore strategico. E il riciclo è economia reale, perché rappresenta una leva strategica per ridurre la dipendenza da materie prime vergini”.

“Si deve fare di più” è la conclusione che arriva dal rapporto, con una più efficace attuazione a livello nazionale delle misure già adottate dall’Unione Europea. Il Clean Industrial Act, presentato lo scorso febbraio dalla Commissione Europea, indica l’obiettivo di raddoppiare il tasso di circolarità dell’economia europea, passando dall’11,8% del 2023 al 24% entro il 2030. E con il nuovo Circular Economy Act, la cui presentazione è prevista nel 2026, si punterà ad accelerare ulteriormente la transizione, anche attraverso una efficace politica industriale e sostegno degli investimenti delle imprese.



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