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Chips Act: perché l’UE rischia di fallire l’obiettivo 2030


Si sta consolidando, a livello europeo, la consapevolezza dell’importanza di un’autonomia tecnologica nel settore della microelettronica, cruciale per garantire la resilienza e la competitività dell’Unione nel contesto globale.

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L’obiettivo, fissato dalla Commissione come parte del Decennio digitale, è di conseguire il 20% della produzione mondiale di microprocessori entro il 2030, ma un recente report della Corte dei conti europea avverte che tale traguardo è ormai difficile da raggiungere senza un aggiustamento strategico sostanziale.

I tre pilastri del Chips Act 2030: risultati e limiti

Nel corso del 2025, la Commissione ha aggiornato lo stato di avanzamento del Chips Act, descrivendo i risultati conseguiti nelle tre linee di intervento previste.

Nel primo pilastro, dedicato alla ricerca e all’innovazione, la maggior parte del budget è già stata impegnata per sostenere lo sviluppo di piattaforme di progettazione e linee pilota.

Nel secondo pilastro, orientato allo stimolo della capacità produttiva, sono stati approvati provvedimenti di aiuto di Stato per impianti “first-of-a-kind” e l’IPCEI ha mobilitato significativi investimenti pubblici e privati.

Il terzo pilastro, focalizzato sul coordinamento della catena di approvvigionamento, ha visto l’attivazione del European Semiconductor Board per monitorare rischi e identificare attori strategici.

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Il problema degli investimenti insufficienti

Nonostante questo avanzamento, la capacità produttiva dell’Unione resta inferiore alle aspettative: proiezioni di mercato indicano che, senza misure correttive, la quota UE non supererà l’11,7% dei microprocessori globali nel 2030, ben al di sotto del 20 % prefissato. A testimonianza di quanto la Commissione abbia supportato il settore, nei primi 1,5 anni di applicazione sono stati raccolti circa 43 miliardi di euro, di cui solo 4,5 miliardi direttamente dal bilancio comunitario; la restante parte proviene principalmente da fondi nazionali.

Le criticità strutturali delle politiche nazionali

Dalla magistratura contabile dell’Unione emerge un richiamo alla necessità di rafforzare la coerenza strategica tra gli interventi. Il report della Corte dei conti sottolinea che l’attuale configurazione del programma non ha ancora innescato flussi di investimento sufficienti per colmare il divario con i leader globali e che, senza una strategia più mirata, l’UE rischia di non riuscire a garantire la propria autonomia tecnologica nel settore microelettronico.

Le ragioni principali di questo ritardo risiedono nella frammentazione delle risorse tra i vari Stati membri e nella complessità dei processi autorizzativi per i progetti di nuova generazione. A livello nazionale, ogni Paese ha implementato proprie misure di sostegno, talvolta sovrapponendosi alle iniziative europee, senza creare un quadro finanziario unitario. L’approvazione delle domande di finanziamento per gli impianti IPF e OEF, sebbene già avviata, procede a rilento a causa dell’intenso coordinamento tecnico e giuridico richiesto.

Chips Act, la sfida 2030 – sinergie pubblico-private e competenze strategiche

In tale contesto, risulta opportuno riconoscere i progressi compiuti grazie al meccanismo degli Important Projects of Common European Interest (IPCEI). Il sostegno pubblico e privato per la ricerca e l’industrializzazione della microelettronica, pari a oltre 21 miliardi di euro, ha favorito la realizzazione di progetti di punta in molti Stati membri, Italia inclusa, contribuendo a potenziare competenze e infrastrutture. Le istituzioni nazionali e comunitarie hanno dimostrato pragmatismo nell’attivare strumenti di cofinanziamento e nel valorizzare sinergie tra ricerca e industria.

Il dialogo istituzionale si è inoltre ampliato coinvolgendo la Banca europea per gli investimenti, il Parlamento europeo e stakeholder accademici, con l’obiettivo di rendere più efficiente il processo decisionale e favorire l’emergere di soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Sono state istituite task force comuni per analizzare i bisogni di competenza e individuare le aree a più alto potenziale, in modo da orientare con precisione le risorse disponibili e accelerare i tempi di attuazione.

Il confronto con gli investimenti globali nel settore

Il divario tra gli investimenti europei e quelli dei principali attori globali nel settore dei semiconduttori è significativo. Mentre l’UE ha mobilitato circa 86 miliardi di euro attraverso il Chips Act, aziende leader come TSMC, Samsung e Intel hanno pianificato investimenti combinati superiori a 400 miliardi di euro tra il 2020 e il 2023. Questa discrepanza evidenzia il rischio per l’Europa di rimanere indietro nelle tecnologie più avanzate, aumentando la dipendenza da fornitori extraeuropei, in particolare per chip di fascia alta utilizzati in settori strategici come l’intelligenza artificiale e la difesa.

La proposta di un fondo europeo per i semiconduttori

Per migliorare l’efficacia della strategia, si propone di istituire un fondo europeo dedicato esclusivamente ai semiconduttori, capace di erogare finanziamenti diretti in modo armonizzato e di fungere da catalizzatore per investimenti privati. Tale fondo potrebbe essere alimentato anche dai proventi del programma Next Generation EU, integrando le linee di intervento digitali, industriali e di difesa in un unico quadro finanziario a sostegno dell’autonomia tecnologica.

Verso un Chips Act 2.0: obiettivi e prospettive

L’industria ha già avanzato proposte operative per un “Chips Act 2.0”, suggerendo di quadruplicare la dotazione di bilancio comunitario destinata ai semiconduttori, portandola a 20 miliardi di euro, in modo da stimolare oltre 260 miliardi di investimento privato entro il 2034. Questa iniziativa garantirebbe una ripartizione equilibrata dei fondi e limiti il rischio di dipendenza da fornitori extraeuropei nei segmenti tecnologicamente più avanzati.

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Collaborazioni internazionali e modelli esterni

L’UE sta esplorando collaborazioni internazionali per rafforzare la propria posizione nel settore dei semiconduttori. Ad esempio, il Consiglio per il Commercio e la Tecnologia UE-USA (TTC) offre una piattaforma per coordinare sforzi in ricerca e sviluppo, standardizzazione e sicurezza della catena di approvvigionamento. Inoltre, l’UE potrebbe trarre insegnamenti dal modello giapponese, che ha promosso con successo la cooperazione tra governo, industria e mondo accademico per sviluppare un ecosistema dei semiconduttori resiliente e innovativo.

L’impatto dell’autonomia tecnologica su industria e Pmi

Il rafforzamento della capacità autonoma del tessuto produttivo europeo costituisce un presidio strategico per settori come l’automotive, l’aerospazio, le telecomunicazioni e le tecnologie quantistiche, nonché un volano per le PMI che potranno accedere a reti di competenze e infrastrutture specializzate. La possibilità di disporre di linee di produzione all’interno dell’Unione faciliterà anche la rapida integrazione di chip in applicazioni di intelligenza artificiale, simulazioni ad alte prestazioni e soluzioni di cybersecurity avanzata.

Si ritiene infine che il successo di questa sfida dipenderà dalla capacità delle istituzioni europee e nazionali di agire in modo sinergico, rafforzando la governance orizzontale e favorendo una più stretta collaborazione pubblico-privato. Pur riconoscendo i passi avanti compiuti fin qui, la Corte dei conti europea invita a un accelerato riallineamento delle politiche di investimento per assicurare all’UE una reale autonomia tecnologica nei semiconduttori, elemento indispensabile per consolidare la leadership digitale e industriale continentale.



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