Quando l’innovazione corre a una velocità da Formula 1 il Change Management non è più solo una buona pratica, ma una priorità strategica. Visto che siamo in tempi di conclave, potremmo dire in latino che si tratta di una sorta di conditio sine qua non. A imprimere una nuova svolta alla trasformazione digitale già in corso, è stato il salto dell’intelligenza artificiale. Le esperienze delle imprese che per far partire progetti complessi di innovazione sono partite da modelli di Change Management, formando al cambiamento sia la leadership sia l’intera popolazione aziendale, dimostrano la validità di questo approccio.
Prendiamo quattro casi, presentati nel corso di un aperitivo tecnologico al Competence Center Made 4.0: Masmec è un’azienda con il core business nella produzione di sistemi per l’assemblaggio di componenti automotive che negli anni ha diversificato nel settore medicale. Gualini Lamiere, taglia, piega, salda e vernicia lamiera per diversi settori (difesa chimica, automotive, meccanica). Sacco System è un’azienda familiare, appartiene al settore biotecnologico e impiega più di 500 persone nel mondo, l’80% in Italia. Sangalli realizza lavori stradali e materiali bituminosi. Alcune sono state pioniere dell’industria 4.0, Masmec ha partecipato alla creazione del Cluster Fabbrica intelligente. «Non abbiamo iniziato la trasformazione digitale portando direttamente le tecnologie in produzione – racconta la ceo, Daniela Vinci -. Abbiamo creato un team di tre persone che ha iniziato a esplorare le tecnologie di simulazione: gemelli digitali delle macchine e del processo, realtà virtuale, realtà aumentata. Questo gruppo oggi è formato da 25 persone, che sono diventate un punto di riferimento sia all’interno dell’azienda, fornendo consulenza e formazione, sia verso l’esterno».
Miriam Gualini è invece amministratore delegato dell’omonima azienda di famiglia attiva nella lavorazione della lamiera: «Il nostro motto è: cerchiamo di aver pazienza, tanto ci arriveranno tutti». E’ un altro esempio di come il cammino verso l’innovazione sia partito da azioni di preparazione culturale. «Quando abbiamo introdotto i robot di saldatura gli operai erano preoccupati di perdere il lavoro. Sono state abbastanza inutili le mie parole di rassicurazione. Abbiamo dimostrato la nostra filosofia scegliendo di accettare i tempi delle persone. Oggi abbiamo tagli laser, piegatrici a controllo numerico e con disegni digitalizzati. Ma se il piegatore preferisce il disegno analogico, noi lo accettiamo. Ci arriveranno, lo stiamo facendo con calma, per trasformare la paura in fiducia».
L’esperienza di Sacco System è raccontata dalla consigliera di amministrazione, Viola Verga: «Quattro anni fa abbiamo iniziato a ragionare sulla digital transformation, e l’abbiamo affrontata con una strategia bidirezionale. Top down, quindi dall’alto, sensibilizzando il board e la prima linea di management. E dal basso, cercando di creare un’energia propulsiva forte, stimolando le persone a guardare le attività con gli occhi del miglioramento continuo. Al termine del 2024 abbiamo verificato che siamo riusciti a modificare il mindset».
Sangalli ha potenziato l’efficienza dei cantieri coinvolgendo le persone in un progetto di digitalizzazione dell’attività di pianificazione. «Tutto il persone che lavora in cantieri ha raccolto dati sulle attività utilizzando smartphone e tablet, poi abbiamo messo a punto un software. Abbiamo avuto un risparmio di 70mila euro annui» sintetizza la chief financial officer Raffaella Donghi.
Perché il change management è la base per digitalizzare l’azienda: l’informatica e l’intelligenza artificiale sono tecnologie general purpose, che cambiano tutto
Come si diceva, avere un corretto approccio culturale alle tematiche della digitalizzazione è sempre stato un aspetto importante, ma lo sviluppo delle tecnologie e la velocità impressa dall’intelligenza artificiale lo rendono imprescindibile. Luca Gastaldi, associate professor del Politecnico di Milano, propone il seguente ragionamento: «L’informatica, come la macchina a vapore o l’elettricità nei secoli scorsi, è una tecnologia general purpose. E le tecnologie general purpose sono quelle che producono più cambiamenti, perché sono pervasive, e generano ulteriore innovazione. L’innovazione oggi è digitale, esponenziale e combinatoria».
Digitale vuol dire replicabile, veicolabile e misurabile. Esponenziale per la rapidità con cui la tecnologia si diffonde e si sviluppa ulteriormente. Combinatoria perché i contenuti generati dagli utenti stessi producono nuovo valore. Tutto questo ha innegabili vantaggi, in termini di efficienza qualità, produttività, risparmi. Ma anche risvolti negativi: le persone rischiano o temono di perdere il lavoro, le imprese che non si adeguano faticano a stare sul mercato, la veloce evoluzione impone sia alle persone sia alle organizzazioni un continuo aggiornamento per non diventare obsolete. «L’innovazione richiede grande reattività, per non essere sopraffatti, anche livello di sistema paese. Il digitale è l’infrastruttura su cui corrono le economie del futuro».
L’Italia al momento non è certo all’avanguardia. In base all’indicatore digital decade, l’ex indice Desi, è nella parte bassa della classifica, con numeri sopra la media europea solo sulla digitalizzazione delle imprese. Anna de Carolis, assistant professor del Politecnico di Milano, aggiunge una quarta caratteristica dell’innovazione digitale: «è anche democratizzante, perché tutti la possono implementare, è alla portata di qualsiasi azienda».
La cosa importante è che le aziende intraprendano il percorso facendo i passi corretti: «Il primo – prosegue De Carolis – è la formazione dell’imprenditore, quindi la sua apertura culturale nei confronti del processo di digitalizzazione. Il secondo fattore caratterizzante è rappresentato dall’ecosistema di business: una filiera incentrata sull’innovazione abilita la trasformazione. Segue il capitale umano, che significa sviluppare competenze tecniche ma anche di management, e riuscire ad attrarre talenti. Infine, lean management e open innovation, ovvero paradigmi di gestione orientati a innovazione sia di prodotto sia di processo»
Quando poi si entra più nel dettaglio dei progetti tecnologici veri e propri, bisogna innanzitutto allineare i progetti alla strategia. Quindi, monitorare costantemente l’efficacia delle azioni messe in campo, sviluppare una cultura di scelte basate sui dati, progettare un percorso strutturato di reskilling e upskilling.
Gualini Lamiere: trasformare la paura in fiducia dando a tutti il tempo di assimilare il cambiamento
Analizziamo con precisione le esperienze concrete portate dalle quattro aziende. Mariam Gualini si sofferma sul lavoro effettuato per stimolare la forza lavoro ad accogliere positivamente l’ingresso in fabbrica dei nuovi macchinari per la lavorazione della lamiera. «Mio nonno raccontava sempre la reazione negativa dei contadini quando sono arrivato i primi trattori della Same. temevano che portasse via loro il lavoro. Non immaginavano che avrebbe al contrario potuto alleviare le loro fatiche e migliorare la loro salute. In quell’Italia la tecnologia non sembrava una promessa. Negli anni scorsi i nostri operai hanno avuto le stesse paure quando abbiamo introdotto i robot di saldatura. Per trasformare la paura in fiducia, abbiamo scelto di accettare i tempi delle persone: se il piegatore preferisce il disegno analogico, noi lo accettiamo».
L’idea è quella di dare a tutti il tempo di assimilare il cambiamento. «Facciamo la stessa cosa con una piattaforma per i clienti sullo stato di avanzamento delle commesse. Alcuni hanno deciso di adottarla subito, ci hanno anche aiutato a testarla. Altri invece hanno voluto continuare a usare il backoffice. Il nostro motto è: cerchiamo di avere pazienza, tanto ci arriveranno tutti».
Un progetto su LinkedIn per raccontare l’azienda e attirare i giovani
Gualini ha realizzato anche un progetto partito dal profilo Linkedin della ceo, utilizzato per raccontare cosa succedeva in azienda. «Volevamo far capire che una pmi può fare la differenza nel cambiamento. Non raccontiamo come siamo bravi a piegare lamiere e saldare, anzi è più facile che vengano postati contenuti su errori che abbiamo fatto: il senso è far capire il modo in cui affrontiamo i cambiamenti. Abbiamo raggiunto 10 milioni di visualizzazioni, è un progetto che ha anche l’obiettivo di attirare i giovani, per far capire loro che siamo un’impresa in cui possono crescere».
Masmec, un team per esplorare le tecnologie prima di fare il progetto di innovazione: oggi è cresciuto e offre anche servizi al cliente
Masmec come detto ha iniziato a pensare a come impostare la transizione digitale sin dagli albori di Industria 4.0. «Ci siamo interrogati sulla strada da intraprendere grazie alle tecnologie ovvero su come utilizzare le nuove risorse digitali per migliorare l’azienda. In quest’ottica, è stato importante partecipare alla creazione del Cluster Fabbrica Intelligente» racconta la ceo Daniela Vinci.
«Il management che oggi gestisce il nostro reparto di innovazione è stato particolarmente ricettivo, e ha iniziato a dare suggerimenti. Ci siamo subito concentrati sul collaudo delle linee produttive, e in particolare sulle tecnologie simulative, come il gemello digitale». La fase di esplorazione è stata affidata a un team di tre persone, che non solo è ancora al lavoro, ma è cresciuto, conta 25 persone e fornisce consulenza anche ai clienti.
Spinta dai clienti automotive come Magna, Brembo, Valeo, Masmec ha digitalizzato progettazione e produzione con gemelli digitali e simulazioni per il virtual commissioning. Ora guarda al futuro: batterie, fuel cell e test automation per nuovi mercati e tecnologie emergenti. La partnership con il Politecnico e la governance consapevole.
Adesso l’azienda sta adottando un approccio simile per affrontare la sfida dell’IA generativa. «Sono anni che utilizziamo l’intelligenza artificiale. Ad esempio, l’abbiamo inserita nei cosiddetti navigatori, apparecchiature medicali che servono per aiutare il radiologo a comprendere quale strada deve percorrere in un distretto del corpo umano per raggiungere il suo obiettivo in modo non invasivo. Ma l’IA generativa rappresenta un nuovo cambiamento. Abbiamo appena iniziato a lavorarci, anche attivando delle consulenze, organizzando in azienda eventi con divulgatori per sensibilizzare e istruire il management. Stiamo anche cercando di mappare le tecnologie che usiamo per immaginare poi delle priorità di intervento».
Sangalli, formazione per giovani e figure senior, i cantieri risparmiano 70mila euro all’anno
Dalla manifattura all’edilizia, cambia il settore ma non l’approccio al Change Management. «Il settore delle costruzioni stradali può sembrare l’ultimo a cui pensare se si parla di innovazione – osserva Raffaella Donghi -. Invece, per noi in Sangalli il tema è sempre stato strategico. Abbiamo un laboratorio interno da oltre 20 anni che fa ricerca e sviluppo». L’innovazione in questo caso ha portato ad aumentare la forza lavoro e anche la produttività.
«Siamo partiti digitalizzando la pianificazione, poi siamo passati alla contabilità. Dai rapportini su carta siamo passati alla raccolta dati in cantiere, dotando tutti i dipendenti di strumenti adeguati. Poi abbiamo realizzato il software, ci abbiamo messo un anno, e abbiamo ottenuto un risparmio di 70mila euro annui. Un roi, ritorno sull’investimento, molto soddisfacente. Uno degli aspetti più importanti è stato il coinvolgimento delle persone».
Sangalli sta sviluppando un nuovo progetto con Made 4.0 per potenziare l’IA nei cantieri sensorizzando tutte le macchine. L’algoritmo monitora i lavori, imparare i tempi di esecuzione e realizza di conseguenza i successivi preventivi. «Risultato: abbiamo il cantiere costantemente sotto controllo, e con un solo sopralluogo riusciamo a fare un preventivo migliore».
Ci sono anche nuovi investimenti in tecnologie come realtà aumentata e virtual reality. E, per tornare al change management, «Abbiamo inserito molta formazione, percorsi di coaching sia sui giovani sia sulle figure senior, con attenzione a soft e hard skill. In questo mese di maggio iniziamo un corso sull’IA generativa, aperto a senior e junior».
Sacco System, formazione immersiva per i manager, cultura del cambiamento continuo per tutti i dipendenti
Infine, Sacco System, che produce fermenti lattici, enzimi, e probiotici per diversi settori industriali, in primis alimentare e farmaceutica. Fra le prime azioni intraprese per ragionare sulla digital transformation, un assessment con il digital innovation hub di Confindustria. «Ci ha indicato che non eravamo particolarmente evoluti – spiega Viola Verga -. Abbiamo anche effettuato delle ricerche per capire come essere attrattivi nei confronti dei giovani. Poi abbiamo iniziato corsi di formazione per il management, anche con momenti immersivi. E abbiamo fatto delle azioni per invitare le persone a guardare tutte le attività con gli occhi del miglioramento continuo. Dopo tre anni di lavoro, al termine del 2024 abbiamo capito che si sono attivati quasi tutti».
Come sottolineavano Gastaldi e De Carolis, siamo in una fase storica in cui non ci si può adagiare, perché la rivoluzione digitale potrebbe essere solo all’inizio. E’ da qui che deriva la necessità di intervenire profondamente sulla cultura aziendale. «Il miglioramento continuo è necessario, perché lo standard continua a muoversi. E in quest’ottica, è importante far percepire alle persone di essere un’azienda che le ascolta. Nell’ultimo anno abbiamo creato un innovation team. E abbiamo in cantiere nuovi cambiamento organizzativi. Per esempio, abbiamo proposto a tutta la popolazione aziendale di partecipare a un test per diventare digital ambassador. Ci vogliono predisposizione alla curiosità e doti di comunicazione. Stiamo organizzando un nuovo dipartimento aziendale dedicato alla data governance». In corso anche un progetto sui processi aziendali. «Li stiamo analizzando, per arrivare a disegnare i processi 2be. Dovremmo terminare in autunno o a fine anno, per poi iniziare i cambiamenti eventualmente nel 2026.
Made 4.0, un corso in cinque lezioni sul Change Management 5.0, per imprenditori e decisori aziendali
Made 4.0 ha messo a punto un percorso di Change Management 5.0, destinato a imprenditori e manager aziendali, pensato per fornire loro gli strumenti necessari ad affrontare la trasformazione digitale. Lo presenta Vincenzo Laino, learning & development specialist di Made 4.0: «Il corso si sviluppa attraverso cinque moduli, l’approccio è fortemente pratico, esperienziale. Ogni modulo prevede lezioni, esercitazioni, e simulazioni che consentono di mettere in pratica quanto illustrato durante le fasi teoriche».
Una lezione di quattro ore a settimana, dal 27 maggio al 24 giugno. I partecipanti verranno invitati a realizzare un project work, che verrà poi valutato da docenti e colleghi. «Nel mese di luglio ci sarà un sesto appuntamento, facoltativo, che servirà a decidere se portare il progetto in azienda». Il corso è organizzato nell’ambito di Mia Lombardia, digital innovation hub di cui Made fa parte, e rientra nelle agevolazioni del Pnrr che consistono in uno sconto in fattura che può arrivare al 100%.
Obiettivi del corso: sviluppare competenze manageriali e decisionali per gestire il processo di trasformazione digitale, comprenderne i fondamenti dal punto di vista tecnologico ma anche anche a livello di modelli di business e strategie di implementazione. Identificare opportunità di innovazione, che possono riguardare prodotti, servizi, processi, ottimizzazione dell’esperienza del cliente. Capire le implicazioni economiche, organizzative e culturali della trasformazione digitale sulle piccole e medie imprese, e favorire networking e scambio di esperienze.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link