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Mauro Maschio: «Il Banco di Sardegna e l’Isola cresceranno ancora insieme»


A tu per tu con il nuovo direttore generale del Banco di Sardgna, l’istituto di credito legato al gruppo Bper.

 

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Direttore, se lei dovesse sottoscrivere oggi un mutuo, sceglierebbe il tasso fisso o il variabile?

«Domanda difficilissima. Se dovessi fare io oggi l’operazione, forse la farei a tasso variabile. Ma qual è la mia prospettiva di vita? Quanto guadagno e quanto guadagnerò nei prossimi anni? Ognuno deve guardare la sua situazione, pensare al suo futuro. I tassi stanno raggiungendo un livello abbastanza basso, che potrebbe restare nel tempo, se non ci fossero perturbazioni esterne, come quelle che abbiamo vissuto negli ultimi anni. Diciamo che una coppia giovane potrebbe anche decidere di fare un’operazione a tasso fisso».

Mutuo per le giovani coppie: quanto si può finanziare?

«La regola generale del mondo bancario è che i mutui finanziano l’80% dell’acquisto dell’immobile. Il Banco di Sardegna – e non tutte le banche ce l’hanno – offre un prodotto specifico che consente di finanziare fino al 100% l’’acquisto della casa».

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«No. Il tasso di un mutuo dipende fondamentalmente da tre situazioni. La prima è il profilo di rischio del cliente. Le banche non sono obbligate, ma per gestire correttamente loro attività, sono tenute ad applicare prezzi differenziati, tenuto conto del profilo di rischio dei clienti, del tipo di operazione che viene fatto e di quanto viene finanziato. Il secondo aspetto è il tipo di immobili che si va ad acquistare. I tassi, dall’entrata in vigore dell’euro, tutto sommato sono diventati molto simili su tutto il territorio dell’Unione europea, pur mantenendosi delle differenze che sono legate all’economia del Paese piuttosto che al momento del mercato dei muti sul singolo Paese».

Qual è la raccolta del Banco in Sardegna?

«Venti miliardi, è cresciuta negli ultimi anni. Dà l’indicazione di due cose. La prima: il radicamento del Banco sul territorio, il fatto di essere considerata da molti sardi come la banca di riferimento, la banca solida presso la quale depositare i propri risparmi e gestire i propri investimenti. La seconda è il fatto che la Sardegna continua ad essere una regione che genera risparmio. I sardi sono persone che accumulano parte delle proprie entrate per destinarle agli investimenti futuri, alla gestione degli imprevisti e ad assicurarsi un miglioramento della qualità della vita».

E gli impieghi?

«Sette miliardi. Questo numero ci dice tre cose. Che la regione nel suo complesso genera più risparmi di quanto siano invece gli investimenti che si fanno nel suo complesso, sia dal punto di vista delle imprese che dal punto di vista dei cittadini. Significa anche che c’è un ruolo importante che le banche devono svolgere per creare il volano, quella che viene chiamata leva finanziaria per far partire nuove attività imprenditoriali e far crescere di più quelle che ci sono. E ci dice anche, se andiamo a vedere i dati degli ultimi mesi, che gli impieghi sono cresciuti, mentre a livello nazionale sono diminuiti. Vuol dire che forse la Sardegna sta cogliendo delle opportunità, sta vivendo un momento più positivo da questo punto di vista. Significa però che tanti attori si mettono a lavorare insieme per creare qui quelle opportunità, quelle situazioni che consentono alle banche di fare impieghi ma, soprattutto, al territorio di crescere».

Se lei fosse un imprenditore, busserebbe al Banco di Sardegna per investire dove?

«Ci sono tantissime opportunità e tantissime occasioni nei due settori che negli ultimi anni hanno trainato di più: il turismo e l’agropastorale. In quest’ultimo ci sono esempi di eccellenze, ma anche fragilità».

Un po’ come per le Poste, anche il Banco aveva un’insegna quasi in ogni Comune. La politica delle chiusure è stata condizionata dall’essere entrati nella grande famiglia Bper?

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«No, no, non c’entra. La popolazione si sposta verso le città e questo porta le banche a dover gestire la presenza sul territorio e – in molti casi – a doverla semplificare. Se la gente se ne va dal paese, la banca si trova nella difficoltà di dover capire se la propria presenza si giustifica nel modo completo. Sappiamo che tante volte abbandonare un paese diventa un sacrificio importante per le persone che ancora lì vivono, ma non è la banca che determina l’impoverimento. E sicuramente non c’entra niente il fatto che il Banco di Sardegna non sia più una banca autonoma».

Sassari e Cagliari avevano potere decisionale. Sul sito Bper si legge che le banche del gruppo «sono autonome e profondamente legate ai territori», ma quanto oggi in realtà le decisioni passano da Modena?

«Tutte le volte che il Banco o le altre banche del gruppo hanno delle idee che possono modificare, innovare, migliorare, cambiare le dinamiche, le caratteristiche di servizi prodotti, modelli organizzativi, modi di lavorare, è chiaro che lo discutiamo insieme. Questo offre la grandissima opportunità di fare le cose insieme, fare più cose e farle in modo più preciso, più accurato, più sensato. Per l’esperienza che ho vissuto in questi mesi in cui sono qui, non ho mai visto Modena o Milano dire di no a qualche idea buona e dall’altra parte ho visto Modena e Milano come gli elementi facilitatori per fare delle cose che da soli non avremmo potuto fare. E per farlo meglio».

E nella concessione dei fidi?

«Devo dire che non ho mai visto una diversa visione su un cliente quando si tratta di dire di sì o di no. Ci possono essere diversi punti di vista, ma ci sarebbero gli stessi punti di vista se la banca fosse autonoma».

Il Banco di Sardegna è il nuovo tesoriere della Regione. Può anche non rispondere: i quattro mesi di esercizio provvisorio vi hanno creato qualche difficoltà?

«No, da questo punto di vista no. L’attività di tesoreria è un servizio che svolgiamo nei confronti dell’ente regionale e degli enti pubblici del territorio. Dal punto di vista tecnico non ci sono stati impatti».

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Il risiko bancario riempie le pagine dei giornali. Il risparmiatore, le famiglie, le imprese, non sempre hanno gli strumenti per capire: è giustificato avere paura?

«No, assolutamente. Tanti hanno paura di questi trend di concentrazioni che portano alla creazione di gruppi bancari di dimensioni più grandi. Fondano questa paura sul timore che banche più grandi perdano la loro attenzione al territorio. È esattamente il contrario. Le banche più grandi, soprattutto se continuano a tenere all’interno del loro Dna l’attenzione alle realtà che seguono, diventano strutture che sono ancora più in grado di creare valore. Dobbiamo capire che il mercato è diventato sempre di più europeo, addirittura globale. Essere grandi aiuta le banche ad essere più solide, più capaci di attirare i capitali e, proprio per questo, più capaci di deliberare ancora più valori sul territorio su cui lavorano. Alla fine quel che resta è il posto nel quale tu fai il business. Prendiamo il Banco di Sardegna. Essere diventato parte del gruppo Bper lo ha aiutato ad essere più solido, ad essere più capace di resistere alle difficoltà che possono arrivare da situazioni esterne, ad essere più capace di produrre ed erogare servizi più allineati rispetto alle attese dei consumatori e delle imprese».

Con le turbolenze internazionali il risparmiatore non è mai al sicuro. E le banche?

«Posso parlare per il Banco, per il gruppo Bper, forse per il mercato italiano ed europeo. Negli anni il livello di solidità delle banche è aumentato e anche il livello di capacità delle banche di far fronte a questi elementi esogeni e spesso imprevedibili e molto veloci nel loro materializzarsi. Il sistema bancario italiano è solido. Le banche sono solide, quindi gli strumenti finanziari che le banche sono in grado di sviluppare insieme ai loro partner, e che offrono ai risparmiatori come strumenti di investimento, sono capaci di gestire queste situazioni di perturbazioni, molto di più che il singolo investitore».

Torniamo a casa nostra: mediamente quanto tempo trascorre dalla richiesta di un finanziamento all’erogazione?

«Rispondo in modo un po’ sibillino: troppo. Siamo veloci su tanti prodotti, siamo lenti su altri. C’è davvero una diversificazione, una dispersione di questa casistica. L’obiettivo che abbiamo è quello di diventare più veloci, più diretti e più semplici. L’idea è che alcune risposte si possano dare addirittura in tempo reale, quando la richiesta del finanziamento è semplice, basata su una situazione chiara, trasparente, standard. E magari che ci voglia qualche settimana quando si tratta di fare qualche analisi più approfondita, quando il bisogno è un po’ più complicato, la situazione dell’azienda non è quella standard di un finanziamento, di un aiuto sul circolante per un’operazione di crescita, ma magari è legata ad un momento di difficoltà del settore o dell’azienda. Non siamo allineati a quello che vorremmo fossimo, ci stiamo lavorando».

 

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Il Banco di Sardegna ha storicamente supportato il sistema economico. Sarà ancora così?

«Le banche hanno come ragione d’esistenza quella di far crescere il territorio nel quale operano e creare valore. Abbiamo il vantaggio rispetto a molte altre banche di essere su un’Isola, di essere una banca importante per l’Isola. La misura di quanto facciamo bene il nostro mestiere deriva dal fatto che i clienti, le comunità, le persone per le quali lavoriamo ci riconoscono un valore che viene creato. Ecco, l’obiettivo è quello di lavorare ancora di più per la Sardegna».

Emanuele Dessì

© Riproduzione riservata



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